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Come Imparano i Cristiani a Imitare l’Incarnazione?

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Abbiate in voi stessi lo stesso sentimento che è in Cristo Gesù, il quale, pur essendo nella forma di Dio, non considerò un tesoro geloso l’essere uguale a Dio, ma svuotò se stesso, prendendo la forma di servo, fatto simile agli uomini; e trovandosi nell’aspetto come un uomo, umiliò se stesso, divenendo obbediente fino alla morte, e alla morte di croce. — Filippesi 2:5-8

Nel 1893, il teologo del Seminario di Princeton B.B. Warfield predicò un sermone su Filippesi 2:5-8, successivamente ripubblicato con il titolo “Imitare l’Incarnazione.” Questo è precisamente l’obiettivo di Paolo in Filippesi 2: che dobbiamo avere la stessa mente di Gesù Cristo.

Paolo ci spiega quale fosse la prospettiva di Cristo nel suo stato di umiliazione. “…sebbene fosse nella forma di Dio….” Forma non è la traduzione migliore. Il significato è che Gesù era nella vera natura, Dio. Da sempre, Gesù ha posseduto una natura divina.

Il Figlio eterno di Dio non si è aggrappato al suo status per il proprio vantaggio.

La sorpresa emerge quando Paolo spiega che Gesù, come vero e eterno Dio, “non considerò l’uguaglianza con Dio come qualcosa da afferrare.” Gesù non si è tenuto gelosamente quella uguaglianza per il suo vantaggio. Questa è una verità straordinaria, che anche se Gesù era avvolto nella gloria eterna con il Padre, non considerò, nell’incarnazione, questo status come qualcosa da assicurar per il proprio beneficio per dominare sugli altri.

Paolo vuole che riflettiamo su questa verità evangelica. Il Figlio eterno di Dio, che, nella sua maestà, splendore e gloria, è davvero Dio, non si è appropriato di questo status per il suo vantaggio. Invece, Gesù ha lasciato quel glorioso focolare per venire su questa terra e si è svuotato assumendo la nostra natura umana.

Non c’era niente nell’aspetto di Gesù che dovessimo desiderare (Isa. 53:2).

Il linguaggio di svuotarsi, inoltre, non riesce a catturare adeguamente l’idea espressa. Gesù non si svuotò di nulla; piuttosto si diede per il bene dell’umanità caduta. Gesù lo fece rendendosi di nessuna considerazione, assumendo la forma di un servo e venendo alla nostra somiglianza. Inoltre, umiliandosi, scelse di prendere un corpo che non avesse gloria apparente. Non aveva “bellezza né maestà” per attrarci a lui. Non c’era nulla nel suo aspetto che potessimo desiderare (Isa. 53:2). Dobbiamo percepire lo shock di questo.

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Idolatrizziamo le persone attraenti, quelle ricche e di successo. Viviamo per farci un nome, desiderando ricchezze e una grande reputazione, aggrappandoci al nostro status per raggiungere la felicità, mentre cerchiamo disperatamente di preservare le nostre vite. Ma Gesù, in grande contrasto, si è umiliato facendosi servo.

Gesù si è fatto nulla e si è dato per te, caro cristiano.

Essendo uguale a Dio, Gesù non trattenne egoisticamente questo status per il suo guadagno; non si esibì nel fatto di essere veramente Dio per vanità, ma si fece di nessuna reputazione. Colui che è il riflesso della gloria di Dio e l’immagine perfetta della sua persona, si fece nulla e si donò per te, caro cristiano.

Paolo non ha finito con la sua meditazione. A questo punto, il lettore dovrebbe cadere in un silenzio riverente. Nei profondi abissi della sua umiliazione, venendo tra noi come vero uomo, “si umiliò e divenne obbediente fino alla morte, anche alla morte di croce.”

Questa è l’amore di Dio per i peccatori, mostrato nella maniera più auto-sacrificale. Gesù si è sottoposto a una sofferenza crudele, umiliante e estrema affrontando l’ira sulla croce per salvarci dai nostri peccati. Lo fece perché il Padre ama le sue pecore, che sono state affidate al Figlio come parte della sua opera di redenzione. Pensa a questo: egli ha gioiosamente sopportato la croce per noi, diventando peccato pur non avendo conosciuto peccato, affinché noi potessimo diventare la giustizia di Dio in lui (2 Cor. 5:21).

Questo tipo di umiliazione andò dalla sala del trono in cielo, alla culla, alla croce, e poi alla tomba della morte, per dare la vita eterna gratuitamente a tutte le sue pecore.

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Come esercitano i credenti la mente di Cristo?

Questa verità evangelica guida l’applicazione verso cui Paolo sta mirando. Paolo scrive,

Se dunque c’è qualche incoraggiamento in Cristo, qualche consolazione dall’amore, qualche partecipazione allo Spirito, qualche affetto e compassione, riempite la mia gioia essendo tutti della stessa mente, avendo lo stesso amore, essendo uniti in spirito e animati da un solo pensiero. Non fate nulla per ambizione egoistica o vanagloria, ma con umiltà considerate gli altri superiori a voi stessi. Ognuno di voi non cerchi esclusivamente il proprio interesse, ma anche quello degli altri. (Filippesi 2:1-4)

Nel suo ministero ai bambini di Dio, Gesù continuamente ti offre conforto. Non solo perdona i tuoi peccati settanta volte sette, ma quando sei spezzato, abbattuto e depresso, viene da te attraverso lo Spirito e ti offre pace nella tua coscienza. Continua ad offrirti conforto nell’amore e comunità nel suo Spirito, che continuamente colma il divario dal cielo, dove Cristo è, per unirti in comunione con il Padre e il Figlio.

Al cuore di questa imitazione di Gesù c’è il non fare nulla per ambizione egoistica.

Se hai ricevuto alcune di queste benedizioni, dice Paolo, nel continuo ministero di Gesù per te, conoscendo tutto ciò che Egli ha sopportato nella sua umiliazione per liberarti dalla tua ribellione, allora dovresti assumere la sua mente, utilizzare la sua mente, come dono della sua grazia per servire gli altri.

Come si compie questo? I credenti insieme dovrebbero realizzare la gioia cristiana radicata nella mente di Cristo. Dovremmo focalizzare le nostre menti su cose che contano davvero e su quelle su cui siamo già d’accordo, continuando la nostra comunione del Vangelo, “avendo lo stesso amore, essendo uniti in spirito e in un solo pensiero.”

Al cuore di questa imitazione di Gesù c’è il non fare nulla per ambizione egoistica, ma piuttosto nella stessa umiltà di mente guardando agli altri come migliori di noi stessi. Nel corpo di Cristo, dovremmo “guardare non solo ai nostri interessi, ma anche a quelli degli altri.”

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Nel somigliare a Gesù, non siamo chiamati a radunarci insieme con quelli che ci affermano, ma invece ad andare verso i deboli, i sofferenti e i bisognosi e amarli in modo sacrificale. Questa è la vita più liberatoria per il figlio di Dio. Possiamo lasciar andare il bisogno di farci grandi. Siamo liberati dalla ricerca di un nome, sforzandoci di essere ricchi e dimostrando a tutti di essere persone ben sistemate.

Possiamo mettere da parte un amore ipocrita e appariscente per il guadagno personale e perseguire una vita insieme come corpo di Cristo.

Questo è il meglio del cristianesimoper mettere le nostre menti a vedere la vita come ha fatto Gesù diventando un servo. Possiamo mettere da parte un amore ipocrita e appariscente per il guadagno personale e perseguire una vita insieme con discernimento affinché, insieme, come corpo di Cristo, possiamo avere comunione evangelica e godere della nostra unione in Cristo.

E la migliore notizia ci motiva a usare questa nuova mente che abbiamo in Cristo. Gesù non rimane più nello stato di umiliazione; “Dio lo ha altamente esaltato, dandogli il nome che è al di sopra di ogni nome, affinché, nel nome di Gesù, ogni ginocchio si pieghi e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è Signore, a gloria di Dio Padre.” Anche il tempo della nostra tribolazione è breve. Mentre regniamo già con lui ora, ci aspettiamo anche di condividere insieme nella risurrezione con lui nella gloria che verrà.

Piegandoci a Gesù oggi, mentre portiamo il suo nome, tutto riguarda avere la sua mente nel nostro servizio sacrificale gli uni verso gli altri.

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