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Un Tributo ai Miei Genitori Missionari

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In cambio di quella “vita ordinaria”, sono state benedette con esistenze straordinarie, sia in questo mondo che in quello a venire. Erano i “folli santi” di Dio, persone comuni senza alcun segno di grandezza o potere mondano, che “hanno speso le loro vite” per il bene delle Buone Notizie di Gesù Cristo, e Dio le considera dunque sagge.

Persone Comuni che Vivono per Cristo

Non erano persone insolite in molti sensi. Condividevano tutti gli stessi difetti che ciascuno di noi ha. Si stancavano. Avevano giorni buoni e giorni cattivi. A volte perdevano le staffe. Talvolta dubitavano di aver fatto la cosa giusta. Spesso si sentivano sole. Temendo a volte, specialmente quando le risorse scarseggiavano (sebbene Dio fornisse sempre, in modi piccoli, ma spesso miracolosi). Avevano le loro peculiarità.

Ma conoscevano Dio e lo amavano profondamente. Annunciavano Cristo crocifisso. In loro, nella loro ordinarietà, nelle loro stranezze e imperfezioni, scorgevo la bellezza di Gesù: una bellezza che si spinge a lunghezze straordinarie per riconciliare le persone con Dio. Quando mio padre stava morendo di cancro nel 2005, fu così benedetto ricevendo la telefonata di un collega missionario che gli comunicava che la chiesa di Naineri—il villaggio vicino Amanab in cui aveva conquistato i suoi primi convertiti e dove aveva formato anziani e pastori—era ancora forte.

Sono immensamente grato e profondamente umile per il grande dono di avere avuto genitori e “zii e zie” così radicali e ordinari (così chiamavamo noi bambini altri missionari che conoscevamo al centro missionario nelle Highlands dove, dopo la settima classe, siamo andati in collegio).

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